anche se in questo
caso il termine eccezione fa, appunto, eccezione per la sua
eccezionale puntuale proprietà).
Dibattiti televisivi,
giornali, internet: ovunque si parla di riforma scolastica,
si giunge, addirittura, al ricatto polico, antitesi della dialettica
istituzionale, ragione d'essere di una istituzione, il Parlamento
appunto, cardine di una nazione nata e regolata da un patto
costituzionale (evito, per pudore, termini come "democrazia").
Anna Bossi, maestra ed ospite de "I Caffè Culturali",
che stimo come molte delle sue colleghe e colleghi e che operano
"miracolosamente" in una realtà didattica da
sottosviluppo, in una intervista rilasciata al nostro sito,
che consiglio vivamente di leggere (intervista
ad Anna Bossi), illustra con esaustività l'estenuante
ed inconcludente storia delle riforme scolastiche italiane.
Anche se nessuno,
forse, lo ammetterà mai, in Italia scuola e cultura sono
state sempre territorio di conquista politica, in modo sfacciato,
privo di alcun pudore. Ora, però, il figlio prediletto,
a cui si tocca il portafoglio, o meglio lo si sta mettendo in
condizione dell'inutilità di possederlo, si sta ribellando,
osa ribellarsi. Tutto questo a me, riceratore illuso, sovente
deriso e non compreso, può umanamente dispiacere, posso
forse comprendere le varie ragioni, sapendo che con la pancia
vuota anche la vita appare priva di contenuti (è la nostra
natura, non fingiamoci ipocriti), ma , permettetemi, non mi
posso trattenere dal prendere le distanze da categorie, politici
ed insegnanti, che danno solo testimonianza di una politica
come mero ambito di spartizione di poteri e risorse.
La scuola non sono
tetti che cadono, stipendi, assunzioni e precariato, che, seppur
aspetti importantissimi, dovrebbero già appartenere una
visione del vivere civile già da tempo attuata e bagaglio
di soluzioni collaudate. La scuola sono studenti, famiglie,
insegnanti, persone, sono programmi, sono metodi e sperimentazioni
atti a fare della didattica e della pedagogia, non una pratica
del "faccio così da trenta anni", ma una scienza
ed una tecnica in grado di massimizzare le caratteristiche e
le opportunità di ogni individuo. La cultura e la scolarizzazione,
intese in ogni loro espressione ed in ogni loro ordine e grado,
non devono "selezionare", prestandosi ad attività
che hanno il sapore di "eugenetica sociale" di hitleriana
memoria, ma devono promuovere ogni cittadino, permettendone
la continua crescita introspettiva, di relazione, di condivisione
e di utilità individuale e sociale. In un paese civile
i responsabili dei tetti che cadono, della fatiscenza o della
scarsità delle strutture adibite all'educazione delle
nuove generazioni devono essere puniti, così come le
strade di un descritto paese dovrebbero vedere sfilare genitori
ed insegnanti per il miglioramento di programmi educativi, per
l'incremento delle risorse didattiche (magari a scapito di qualche
aggeggio volatile da combattimento), per una reale formazione
professionale di quei preziosissimi educatori fondamentali per
la vita di tutti, e non l'accatonaggio professionale di cittadini
umiliati dal potere costituito. Vorrei vedere insegnanti e famiglie
ospiti dei "talk show", non gli stessi visi utili
per ogni argomento, saccenti, presuntuosi (e non faccio alcuna
distinzione di parte o partito). A tal proposito vorrei proporvi
una ulteriore riflessione: la proiezione del ruolo di mia madre,
maestra degli anni '50, nell'immaginario collettivo era di gran
lunga più valutato di quello di una professoressa di
lettere nel nuovo millennio. L'insegnamento come vocazione,
come espressione di servizio per la collettività, è
un concetto che tende sempre più ad essere sotituito
con termini e modi di concepire l'esistenza quali: adattamento,
ripiegamento, precarietà, ridimensionamento di un ruolo
e di un riconoscimento sociale ed economico.
Provate a pensare
di dover aprire un ristorante. Quale sarebbe il vostro primo
pensiero: il salario del cameriere o cosa offrire ai vostri
clienti? Sarete rapiti dal conteggio dei giorni di ferie da
assegnare al cuoco o dalla filosofia con cui impostare il menu
da presentare come un "atto di amore" verso chi non
conoscete e che diverrà vostro avventore. Quanti ristoratori
ho conosciuto con questo trasporto e quanti pochi politici,
invece, hanno dato prova di tale convincimento nei confronti
dell'attività più strategica e vulnerabile della
società.
I risultati sono
sotto gli occhi di tutti: non diamo la colpa solo alle famiglie
o alla società. Tutti siamo stato colpiti ,chi più
chi meno, dal morbo del disimpegno, del cinico egoismo, miope,
becero e bigotto, da Ventimiglia a Roma, passando per il "tanto
tormentato sud", con deviazione per "par condicio"
all'Expo ed a Venezia. Noi siamo i problemi che imputiamo alla
società, perché la società, che piaccia
o no, siamo noi, anche coloro che si sentono santi, perché
è evidente che non stanno servendo a nulla. Ecco perché
non faccio distinzione nella responsabilità politica:
squadra che perde si cambia, anche se la squadra è composta
dalla totalità del Parlamento, di interi ministeri e
di buona parte della gerarchia burocratica. I tetti che cadono
non sono la scuola, così come l'utilizzo della grammatica
non è fare letteratura. La scuola è ben altro.
Ho scritto tutto
questo per scaricare un po' la mia anima di uomo e di cittadino,
così stanca e carica di brutture, e per salutare l'esperienza
di una Signora Maestra, Anna Bossi, il cui lavoro, quale occasione
di confronto e riflessione, è stato ospitato da "I
Caffè Culturali" e che consiglio vivamente di visualizzare
e "frequentare". (Cliccate
su questo collegamento per visualizzare la sezione).
Tutto questo per raccontare che Infogestione
ha redatto, attraverso il progetto "IDID",
frutto di oltre un decennio di ricerca e sperimentazione, le
prime specifiche per la progettazione di sistemi e processi
didattici, non solo come norme, ma soprattutto (e qui la reale
novità) come sperimentazione scientifica condivisibile
su larga scala e destinata ad un ambito, che ha dovuto sopportare,
sempre e solo dall'alto, riforme su riforme senza fondamenti
scientifici, sperimentali, di condivisione e confronto (Cliccate
su questo collegamento per visualizzare la sezione).
Tutto questo, miei cari
venticinque amici, per auspicare che famiglie e "veri"
educatori si rifiutino di essere spartizione di potere, ma ritornino
a pensare al proprio futuro con lo stesso coraggio ed amore, che
nutrono per la propria prole. Il resto, tutte le nefandezze in
cui ci immergono quotidianamente i media, non insengatelo ai bambini,
potremmo, magari, vergognarcene. |